Esplorazione dei Cadini di Misurina

Traversata di forcella Verzi, forcella del Nevaio fino alla forcella del diavolo passando per il rifugio Fonda Savio


Nuova avventura di esplorazione in un luogo magico nel quale ritorno dopo oltre 20 anni: i Cadini di Misurina! È un luogo del cuore per me, raggiunto costantemente ogni anno quando raggiungevo il Cadore per le mie ferie estive adolescenziali. Ho quindi un desiderio davvero sentito di ricalcare questi sentieri e, per inclinazione di MyBestTimeHiking, aggiungere qualche meta inesplorata che dia un senso avventuroso e interessante all'escursione.
Raggiungo Misurina, dove si può trovare parcheggio a bordo strada poco prima dell'Istituto Pio XII. L'aria è frizzante, i 10 gradi si fanno sentire, la giornata si preannuncia perfetta: le ultime nuvole impalpabili stanno lasciando le vette delle Tre Cime di Lavaredo e l'azzurro del cielo si fa sempre più deciso. Scarponi allacciati, zaino in spalla e che l'avventura cominci!
Procedo bordo strada ammirando le mucche e i cavalli al pascolo che fanno compagnia con i loro campanacci. Appena superato l'Istituo Pio XII giro a destra in direzione della partenza della funivia Colde Varda. Oggi lascio perdere qualsiasi aiuto esterno e procedo per il sentiero CAI 120a che, grazie ad un sentiero molto ampio, permette di guadagnare il dislivello necessario per arrivare al rifugio Col de Varda. Per chi desidera "tagliare" la via principale si possono percorrere delle radure con una pendenza bella decisa che sembrano delle piste da sci invernali (e forse lo sono anche). Nel giro di mezz'ora raggiungo il bivio che da una parte porta al rifugio Col de Varda e dall'altra continua verso il rifugio Città di Carpi.
Scelgo la seconda opzione e percorro così un sentiero e non più una strada sterrata. In pochi passi dal bivio si arriva ad un punto panoramico bellissimo sul Sorapiss con sguardo verso l'Averau, il Nuvolau e le Tofane nell'Ampezzano. La traccia continua in piano, a tratti perdendo leggermente quota. È una passeggiata davvero piacevole e adatta a tutti: non ci sono salite importanti, la via si alterna a pezzi in cui il lato verso S è aperto con dei mughi bassi che permettono di godere di un magnifico panorama, altre volte si insinua in una vegetazione che rinfresca senza mai essere opprimente. Sul versante N-NE è possibile già vedere le prime cime dei Cadini: le cime de Maraia. Superate le grave de Pogofa e il Bus de Pogofa, il sentiero comincia nuovamente a salire dolcemente e si apre al cospetto di una dorsale erbosa chiamata Col del Viero. Da qui è possibile già adocchiare le bandiere che svettano sopra al rifugio, mentre dall'altra parte il verde scuro del bosco e quello chiaro dell'erba fanno da base per lo spettacolare Sorapiss, dal quale si può persino intravedere il sbrilluccichio del lago del Vandelli.
Davanti, invece, un massiccio petroso denominato la Croda de Cianpoduro. Mancano pochi passi alla forcella Maraia dalla quale si può ammirare il rifugio Città di Carpi finalmente nella sua figura intera. Da questa posizione, inoltre, si possono anche osservare le bellissime vette della Croda dei Toni. Una piccola pausa ristoratrice al cospetto di un comodo cartello in legno dove sono segnate tutte le diverse opzioni per raggiungere il rifugio Fonda Savio. La mia scelta ricade sulla seconda opzione: 116 F. Verzi Nevaio h 3. Dalla cartina Tabacco il sentiero 116 è solo quello che va a Cianpoduro mentre quello che intraprendo in direzione dei cadini è il 118.
Percorro il Pian de la mussa, un falso piano che sale su un sentiero stretto e terroso in direzione del primo cadin di giornata. Scavallato il piano erboso si esce su un altro pianoro con grava sassosa dalla quale la via si fa più irta su stretti solchi generati da smottamenti. È possibile percorrere il sentiero su morbidi scalini erbosi sulla sinistra e arrivare ad una simil-forcella che regala una splendida vista sul Cadin de le Pere e sullo sfondo i Cadini di Misurina in tutto il loro splendore. Da qui si cominciano a distinguere le forcelle della Neve e la forcella Verzi più alta, le guglie e le tantissime punte acuminate che formano le cime del Cadin della Neve, la cima Cadin di San Lucano e cima NE (Nord Est) con la ferrata Merlone.
Proseguo su sentiero sassoso fino ad arrivare in una conca con massi di grandi dimensioni accatastati l'uno sull'altro. Trovo l'indicazione del bivio tra la forcella della Neve alla mia sinistra ben visibile e la forcella Verzi sulla destra incuneata tra le rocce che si stagliano a coprire la meta finale. L'indicazione con cartelli CAI è presente sulla sinistra puntando dapprima la forcella della Neve. Scegliendo di restare sulla destra e "tagliare" qualche metro di sentiero, bisogna stare molto attenti ai bollini rossi presenti sulle rocce della grava. Dalla conca sassosa si sale verso E su traccia ben visibile, dove si trovano massi con evidenti frecce rosse che indicano il ripiegamento dapprima verso O e, poco più avanti, verso NO con chiarissima indicazione su roccia con scritta "Forcella Verzi" e la freccia verso sinistra. I bollini rossi sono presenti costantemente e al cospetto di uno è facilmente distinguibile il successivo segno seguendo correttamente la via tracciata. Dopo pochi passi parte da subito il tratto attrezzato: cordino metallico e scalette di ferro permettono di superare dei balzi di roccia di qualche decina di metri con facilità e sicurezza. Il kit da ferrata è consigliato per percorrere il percorso in tranquillità. La via si destreggia sempre all'interno del canalone che porta alla forcella. A volte stretto e irto, si intervalla a tratti distesi in cui non è presente il cordino di assicurazione. Alcune scalette sembrano "ballerine" e alcuni attacchi alle rocce delle stesse presentano l'usura del tempo. In alcuni punti il cordino metallico risulta lasco. Dovrebbe essere effettuata una manutenzione su tutto il tratto attrezzato che, in ogni caso, trasmette sempre sicurezza di progressione e solidità nei tratti più esposti e verticali del canalone. A quota 2500 circa, da versante orografico destro dove si svolge la maggior parte della salita (lato sinistro salendo), si traversa il canalone senza assicurazione. Prestare attenzione e passo fermo. Dall'altro lato ricomincia la via ferrata in un corridoio pietroso. Una serie di tre scalette in successione fa guadagnare l'ultimo pezzo di dislivello. Un'ultima attraversata del canalone, ultimi passi ed ecco raggiunta forcella Verzi! 2550mt (il mio GPS segna 2575mt anche dopo la calibrazione), voltandosi si ha uno splendido colpo d'occhio sull'ascesa appena compiuta e una finestra bellissima sulle Marmarole quasi disposte in fila. Dall'altra parte la vista, verso N, è chiusa da un ammasso roccioso che invita alla successiva destinazione: la forcella del Nevaio.
Riprende il sentiero salendo sulla destra con annesso cordino metallico. La salita è piacevole, il cordino è solo una maggiore sicurezza per una via in ogni caso comoda e senza pericolosità di alcuna esposizione. Il tratto è breve, piacevole con progressione su alcuni punti in cui bisogna usare le mani per aggrapparsi e salire in stile arrampicata. In pochi minuti si arriva ad una piccola salita ghiaiosa in cui sono stati installati dei comodissimi gradini creati da assi di legno in opposizione alla pendenza. Salita agile e veloce fino alla cresta in forcella: ecco la forcella del Nevaio a quota 2645mt (ufficialmente 2620mt). La vista da quassù è veramente spettacolare: da sinistra si affollano i torrioni acuminati dei Cadini di Misurina e, nei vari pertugi che formano, si possono ammirare il gruppo del Cristallo, la Croda Rossa d'Ampezzo, il monte Piana, fino alle caratteristiche Tre Cime di Lavaredo. Verso S si può notare la sottile forcella Verzi imbrigliata tra le rocce, le Marmarole e il Sorapiss sullo sfondo. Da quassù è possibile già intravvedere il Cadin de la Neve (o Ciadin de la Neve) e il Cadin del Nevaio (o Ciadin del Nevaio), da raggiungere dopo una discesa che sembra bella ardua.
Infatti è così: la via di discesa è molto irta su ghiaino duro e ben compatto. Per fortuna viene in aiuto il solito cordino metallico che permette una discesa sicura e molto piacevole. Nel primo tratto si percorre una lingua rocciosa che, con un susseguirsi di brevi e continui cambi di direzione, permette di scendere velocemente ed arrivare sul fondo del ghiaione dolce e con comoda morbida ghiaia. Come detto in precedenza questo è denominato Ciadin del Nevaio, qui infatti anche in estate, è registrata da sempre la presenza di un accumulo di neve nella parte alta del cadino. Quest'anno, purtroppo, c'è un'unica macchia di colore grigio scuro, piccola, quasi impercettibile, al termine basso del ghiaione. Uno spettacolo desolante e che per certi versi mette i brividi. In alcuni punti della discesa, terminata la lingua rocciosa, la via si sposta sul versante orografico sinistro appoggiata alla montagna. Qui è nettamente visibile come il cavo metallico sia quasi difficile da raggiungere perché troppo alto! Infatti, solitamente sotto i piedi dovrebbe esserci una minima quantità di neve che permetta di essere leggermente più alti rispetto alla nuda roccia sottostante. Raggiungo questa piccola macchia di neve grigiastra e si può notare come stia fondendo creando dei ruscelli di acqua che si convogliano verso il Passo dei Toci. Supero la macchina nevosa (si fa per dire) e continuo su sentiero 112 non sempre ben distinguibile. In ogni caso, si riesce a scegliere la via più comoda sui massi che ora si sono fatti più grandi e un po' più difficoltosi da superare. A quota 2400mt circa si può intravvedere il rifugio Fonda Savio ai piedi della Torre Wundt che lo sovrasta. A fianco le splendide Tre Cime che coronano un panorama da cartolina assieme all'anfiteatro dei Cadini e de Le Ciampedele, sulla destra. In vista del rifugio il sentiero si fa ben definito, largo, ben distinguibile e segnato. Dopo un'ultima virata verso sinistra in quota, la traccia scende decisa in direzione del rifugio e in pochi minuti di raggiunge così il Fonda Savio e, di conseguenza, il Passo dei Toci.



Data

21-08-2022

Distanza

18.85 KM

Tipo escursione

Escursione

Dislivello

1340 mt

Il rifugio è raggiungibile da Misurina con segnavia CAI 115 ed è una meta per qualsiasi età e grado di preparazione. Infatti l'insellatura dove sono è molto affollata. Mi godo la vista del Cadin del Nevaio dal quale sono arrivato, la vista dei torrioni raggiungibili con il sentiero Durissini (per un prossimo itinerario), fino alla splendida visuale aperta in direzione di Misurina. Chiudo l'anello panoramico in direzione SO dove una traccia sale dolcemente su un ghiaione per raggiungere una forcella dal nome importante e perentorio: la forcella del Diavolo. Per raggiungerla intraprendo così il sentiero 117 intitolato ad Alberto Bonacossa, alpinista e fondatore del Gruppo accademico del Club Alpino Italiano. La via completa collega il rifugio Col de Varda con il rifugio Auronzo ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Parto in direzione dell'ultima forcella della giornata. La traccia si svolge comodamente su tratto sassoso ben battuto, piacevole da percorrere, in cui è facile guadagnare rapidamente dislivello. Ci sono diverse vie ben distinguibili sul ghiaione, ognuno può decidere se percorrere un tratto più dolce per poi risalire deciso o scegliere la via che rimane da subito alta e punta la forcella. Io consiglio di rimanere nella parte centrale, leggermente sul versante orografico sinistro per evitare alcuni impluvi compatti che richiederebbero delle risalite leggermente più faticose. In 45 minuti circa dal rifugio, si raggiunge così facilmente la famosa forcella del Diavolo!
Per chi l'ha sempre salita dal versante del Fonda Savio non può capire il perché di questo nome. Si deve percorrere l'altro versante, quello che volge al Cadin de la Neve. Ed è proprio lì che ho intenzione di andare. La vista dalla forcella è meravigliosa grazie ai Cadini di Misurina che sembrano sorreggere ed incorniciare il trittico del Lavaredo. Mi imbrago nuovamente poiché so quel che mi aspetta per la discesa. Vent'anni fa ho percorso la forcella nel senso opposto e ci sono delle scalette di ferro ad attendermi. Al tempo l'ho percorsa senza assicurazioni di alcun tipo anche senza il caschetto. Ora, con più consapevolezza e criterio, non vedo perché rischiare quando abbiamo la possibilità di godere di questi percorsi assicurati e percorrerli quindi in totale tranquillità. Dopo alcuni tornanti in discesa sul versante N dove il sentiero su fondo sassoso è comodo e sicuro, comincia il piccolo tratto attrezzato con la prima scaletta. Attenzione a non smuovere i sassi da sopra. Superata la scaletta il sentiero continua dolce, ampio e scende dolcemente per un breve tratto. Qui una doppia scaletta permette di scendere su un ripidissimo impluvio con roccia sporgente. La calata sulla scaletta è piacevole, si è quasi verticali. Al termine prestare attenzione all'appoggio del piede sul sentiero che presenta rocce levigate e scivolose. Il tratto attrezzato volge al termine e, sebbene sia molto corto, può risultare arduo per alcune persone che non amano l'esposizione o comunque una verticalità pronunciata, anche se il cordino metallico e le scalette permettono di superare questi ostacoli con relativa facilità.
A parte la particolarità e difficoltà che può presentare, per alcuni, la salita o la discesa da questo versante, credo che la forcella debba il nome ad una caratteristica cima posta al suo cospetto: la Torre del Diavolo. Come descrive la "Guida della Valle di Ampezzo e de' suoi dintorni", edizione del 1905:
"È interessante l'arditissima ascensione alla Torre del Diavolo superata la prima volta il 4 ogosto 1903 dalle Signorine Rolanda e Ilona Eotvos, colle guide A. Dimai, A. Verzi e G. Siorpaes (alle signorine hanno intitolato una cima dei Cadini in corrispondenza della forcella Verzi intitolata ad una delle guide che le hanno accompagnate). Dopo un accurato esame e una ponderata riflessione, si trovò necessario gettare dalla roccia adiacente, detta "il Gobbo", una corda, il cui capo, oltrepassando il ciglio opposto della cima della Torre del Diavolo, venisse fermato ad un masso posto alla base delle medesima. Così si fa tuttora: l'intrepida guida deve quindi attraversare lo spazio tra le due rocce, tenendosi penzoloni alla corda tesa sopra un abisso di 100 metri; giunto sull'altra vetta tira su con altra corda l'alpinista, il quale ha modo di aiutarsi tenendosi a quella tesa. La salita è faticosa, ma interessante, divertente e piena di attrattive."
Si scende così verso il Cadin de le Neve, costeggiando per l'appunto la base rocciosa della Torre del Diavolo sulla destra. Prestare attenzione ad alcuni impluvi creati da recenti frane che risultano scivolosi e con terra instabile. Superato questo breve tratto si raggiunge il vero e proprio Cadin de la Neve con la vista chiara sulla forcella sullo sfondo. A lato la cima del Cadin de la Neve con altre punte minori che le fanno compagnia. È impressionante come, da questo lato, non ci sia la minima presenza di macchia nevosa. Solo ghiaioni e rocce, l'intero cadino è spoglio da neve. Mi sembra impressionante se rapportato alle trascrizioni sulla "Guida storico-alpina del Cadore" di Ottone Brentari del 1886, in cui descrive l'ascesa alla cima del Cadin della Neve passando, per l'appunto, da questo canalone:
"Si può salire in circa 4 ore partendo da Misurina. Si passa prima per un terreno paludoso, e quindi sassoso, ed in ore 1 e un quarto si arriva alla prima insellatura del monte. Prima scendendo, e poi risalendo, si traversa un ammasso di rocce spezzate, e si giunge ai piedi di un lungo e ripido campo di neve, che si prolunga si alla suddetta conca, che à la forma d'un semicerchio, ed è circondata dalle molte punte dei Cadini. Pervenuti, senza grandi difficoltà, alla base della vetta più alta, che è il Cadino della Neve, la salita si fa ardua, perché bisogna aiutarsi col tagliare scalini nel ghiaccio, e coll'arrampicarsi per la roccia, in qualche tratto coll'aiuto della corda. Dalla conca alla cima occorrono circa 3 ore."
Al tempo le cime venivano raggiunte nella stagione estiva, con il bel tempo possibilmente, quindi leggere tra queste poche righe "si giunge ai piedi di un lungo e ripido campo di neve" e, soprattutto, "bisogna aiutarsi col tagliare scalini nel ghiaccio", vedere questo cadino a forma di semicerchio così spoglio, senza una lacrima di neve deve far assolutamente riflettere.
Al termine del ghiaione, sulla conca raggiunta, si trova un chiaro segnavia con tutte le possibilità sui sentieri limitrofi. Scelgo la traccia 118 e, come riportato da Brentari, ripercorro al contrario prima un tratto sassoso per poi raggiungere un sentiero nel bosco dove riscontro molta umidità. Non mi è difficile pensare quindi che, con qualche pioggia in più ,possa diventare per l'appunto "paludoso". Mantengo sempre la destra nei due bivi che mi si presentano per evitare di tagliare il costone in direzione SO. È vero che prendendo uno di questi sentieri raggiungerei la macchina molto prima, ma la mia tappa finale è l'Hotel Dolomiti Des Alpes dove mi attende un fantastico paninazzo. La discesa nel bosco è rapida, piacevole, veloce, in alcuni punti la faccio anche di corsa. A quota 1880mt circa c'è una discesa formata da un greto di un ruscello asciutto che punta diretta in direzione del lago di Misurina. Lascio così la traccia e mi butto a capofitto in questa "direttissima" che, secondo me, si trasforma quasi in una pista da sci per la stagione invernale. In un batter d'occhio raggiungo così la zona dei parcheggi alla partenza delle Tre Cime di Lavaredo e del monte Piana. In pochi minuti torno sulla SS51 dove si staglia il comodo Hotel Dolomiti Des Alpes!
Come me lo sono sognato durante la discesa, mi godo uno splendido panino speck e formaggio con una bella birra fredda. La presenza di un minimarket pieno di prodotti tipici locali mi invita ad una scorta di ogni ben di Dio: dai canederli, al formaggio terminando con un serie di salumi.
Ritorno sui miei passi in direzione del parcheggio della mattina, percorro l'intero bordo del lago di Misurina lato O, dove l'acqua fa da specchio ai magnifici Cadini di Misurina che vi si stagliano al di sopra. Raggiungo la macchina e, chiudo l'anello esplorativo dopo 6 ore dalla partenza.
Un'escursione magica, in luoghi abbastanza remoti e poco conosciuti se si fa riferimento alla forcella Verzi che, solitamente, viene bistrattata a discapito della più comoda e semplice forcella della Neve. Dal lato del rifugio Fonda Savio, invece, la vie sono tutte famose e conosciute, ma la vastità, e la possibilità di scoprire nuove tracce anche sui sentieri battuti, permette sempre di godere di uno stampo esplorativo. Un'avventura per escursionisti sicuramente preparati fisicamente vista la lunghezza e le difficoltà che si possono incontrare. Identifico un EEA solo per la forcella Verzi, mentre il resto dell'esplorazione può attestarsi ad un semplice E, di media quindi, diventa una via per escursionisti esperti. Una menzione particolare per i panorami che regalano questi luoghi: sempre diversi, maestosi, grandiosi come apertura, scorci imprevedibili che rendono indimenticabile la traversata.




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Difficoltà

Escursionisti Esperti - sono intinerari generalmente segnalati ma con qualche difficoltà: il terreno può essere costituito da pendii scivolosi di erba, misti di rocce ed erba, pietraie, lievi pendii innevati o anche singoli passaggi rocciosi di facile arrampicata (uso delle mani in alcuni punti). Pur essendo percorsi che non necessitano di particolare attrezzatura, si possono presentare tratti attrezzati se pur poco impegnativi. Richiedono una discreta conoscenza dell'ambiente alpino, passo sicuro ed assenza di vertigini. La preparazione fisica deve essere adeguata ad una giornata di cammino abbastanza continuo.



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