Furcia dai Fers

L'ultimo capitolo della saga dei Fanes


Una nuova avventura emozionante: siamo nel Parco Naturale di Fanes-Senes-Braies, a cavallo tra Veneto e Trentino Alto Adige. Le splendide Dolomiti di Fanes ci ospitano per un'escursione epica che condivido con l'inseparabile compagno di esplorazioni Diego! Oggi è dei nostri anche Edoardo Valleferro, una guida alpina di Cortina d'Ampezzo, raggiante di prendere parte a questa spedizione inedita e selvaggia.
L'obiettivo dell'itinerario è il giro ad anello della Furcia dai Fer, teatro della battaglia finale del leggendario popolo di Fanes. Si narra che proprio qui tra la forcella dai Fers e la cima della Furcia dai Fers, i Fanes abbiano cercato invano di resistere con tutte le forze prima della definitiva capitolazione sulla suddetta vetta.
La via intrapresa, però, non è il consueto accesso che dal rifugio Pederù permette di raggiungere l'apice della montagna. La nostra scelta, accuratamente studiata dal meticoloso Diego, parte dalla valle di Tamersc, a poche centinaia di metri dall'omonimo abitato. Una vecchia traccia che risale un vallone rivolto a nord, innominato, mai considerato dalle guide del posto.
Parcheggiamo l'auto a pochi chilometri da San Vigilio di Marebbe, nella strada che si incunea nella splendida valle di Rudo (o di Tamersc). Tra Tamersc e il rifugio Pederù, a quota 1462mt inizia la nostra avventura! La mattinata è frizzante, ci sono pochi gradi sopra lo zero, l'esposizione infelice verso nord ci costringe a vestirci un po' più pesanti del solito. Assieme perlustriamo la zona per riuscire ad individuare tra la boscaglia una parvenza di traccia per imboccare la valle corretta. Tra la vegetazione e con l'aiuto dell'immancabile GPS, troviamo un accenno di sentiero tra le fronde. Saliamo a zig-zag dapprima verso est, per poi procedere decisi nel versante opposto sempre circondati dalla flora montana che ci accoglie.
Improvvisamente il sentiero si interrompe e davanti a noi si propone un fondo impluvio scavato e notevolmente eroso. È una delle tante frane che caratterizzano questa vallata. Scendiamo nell'impluvio e procediamo agevolmente sui massi. Controlliamo la mappa e notiamo che siamo spostati verso ovest rispetto alla traccia tratteggiata nera presente sulla Tabacco. Dobbiamo risalire in direzione est e lasciare l'impluvio. Qui affrontiamo la prima difficoltà: un balzo di ghiaia compatta, molto ripida e dura da scalfire anche con dei colpi assestati con gli scarponi, ci separa dalla via erbosa contornata dai mughi. La nostra guida supera senza difficoltà la porzione verticale che la separa e ci attende sul sicuro fronte erboso. Io e Diego propendiamo per una più sicura progressione: Edoardo fa sicura sui forti mughi alle proprie spalle. Con la corda avvolta sulla vita abbiamo una maggiore sicurezza nell'avanzare. Così prima Diego e poi io (con un pendolo improvvisato) risaliamo il balzo ghiaioso.
Ora la traccia cambia decisamente aspetto, l'erba diventa la costante per un bel pezzo. La brina non aiuta il facile avanzamento e dobbiamo verificare adeguatamente l'appoggio per evitare la scivolata. Il sentiero è sempre in bilico su finestra poco esposta ma profonda. Fortunatamente i giovani mughi permettono di assicurarsi in modo agevole. Arriviamo ad una parete rocciosa dove notiamo dei segni sbiaditi che ci permettono di identificare precisamente la vecchia traccia. Proseguiamo quindi per la cengia rocciosa aggirandola sulla destra. La salita si fa più dolce, in alcuni tratti quasi in quota. Non sono più presenti balze o strapiombi, procediamo tranquilli in direzione sud nel bosco tra alberi schiantati. Raggiungiamo così un bivio in cui notiamo un omino e una serie di alberi che indicano quasi una "porta" di accesso alla frana "madre" che contraddistingue la valle innominata.
Ecco quindi il maestoso greto asciutto che solca la valle. Continue frane l'hanno modellato distruggendo la via del sentiero storico che stiamo cercando di ripercorrere. Il sole comincia a fare capolino da dietro la Furcia dai Fers. Notiamo le lastre di ghiaccio che saltuariamente coprono con un sottilissimo strato alcune rocce. Non perdiamo a concentrazione e procediamo tenendo dapprima la destra in direzione di una macchia di larici che si sta tingendo di un giallo dorato con i primi caldi raggi di sole. Successivamente ad una spaccatura dell'impluvio, decidiamo di costeggiare un imponente blocco roccioso spartiacque e lo aggiriamo sulla sinistra. Qui il canalone si fa più stretto, con rocce lisce sulla sinistra, un piccolo rivolo di acqua ghiacciato al centro. Sulla destra invece risale una balza ghiaiosa che porta a dei comodi baranci che costeggiano così il canalone dall'alto. Diego, saggiamente, risale fin da subito sulla destra e si assicura una via molto comoda per la progressione. Io ed Edoardo, invece continuiamo tra le rocce sulla sinistra. La guida dopo qualche centinaio di metri devia per raggiungere il lato destro. Le difficoltà che incontra le supera con una facilità estrema che denotano assoluta ammirazione nei suoi confronti. Io arrivo in un "cul-de-sac": sono circondato da rocce alte come me, sotto i piedi il torrentello ghiacciato e davanti una piccola cascata anch'essa ghiacciata. Non trovo facilmente il modo per superare quell'ostacolo senza rischiare di scivolare e cadere all'indietro per diversi metri. Edoardo mi viene in aiuto assicurando la corda ad una radice di mugo. Ora, in sicurezza, effettuo i passaggi che avevo preventivato di fare: senza problemi riesco a risalire anche senza l'aiuto della corda. Essere assicurato mi ha permesso si superare la difficoltà con più leggerezza. Posso dire di aver fatto la mia prima cascatella ghiacciata!



Data

17-10-2021

Distanza

11.08 KM

Tipo escursione

Escursione

Dislivello

1020 mt

  • Montagna

    Furcia dai Fers

  • Indirizzo

    San Vigilio di Marebbe, Trentino Alto Adige, Italy

  • Altitudine

    2534.00 m

  • Rifugi

    Rifugio Pederù

  • Informazioni

    Rifugio Pederù

Le difficoltà non sono finite: davanti a noi si prospetta un accesso su roccette friabili con alle spalle un bel salto di roccia che finisce nel canalone ghiaioso. Procediamo con prudenza, fino a raggiungere una macchia degli inseparabili pini mughi. Dobbiamo addentrarci in questo ginepraio di baranci per sbucare su un nuovo impluvio (l'ultimo), prima risalire su un agevole fondo erboso. Qui la cartografica Tabacco segna un bivio: la traccia di sinistra si interrompe dopo poco, mentre la traccia di destra si inerpica su rocce spioventi ai piedi del Piz de Sant'Antone (o Muntejela de Fanes). Scegliamo di intraprendere la via più agevole. Facciamo decisamente la scelta ottimale perché risaliamo un ripido ghiaione, molto agevole, e sbuchiamo su una valle splendida, aperta e dolce. Non capiamo come il vecchio sentiero potesse scegliere una via così impervia quando dall'altro versante la traccia è così bella e semplice.
Il panorama è già mozzafiato, su questa splendida valle silenziosa notiamo una gruppo immenso di camosci ai piedi della Furcia dai Fers. Ci avranno sicuramente visti e, in tutta fretta, stanno utilizzando delle cenge improvvisate per mettersi al riparo dai nostri occhi indiscreti. Non avevo mai visto un gruppo così numeroso di camosci, uno spettacolo! Manteniamo la sinistra e cerchiamo di guadagnare quota sul versante di risalita che punta diritto alla cima della Furcia dai Fers. Un costone con gradoni erbosi intervallati da ghiaino fino. Le gradinate permettono una facile risalita, la pendenza si fa decisa e in circa un'ora guadagnamo più dislivello di quello effettuato fin'ora. Raggiungiamo così la cresta, esclusivamente ghiaiosa. Qui il panorama diventa sempre più aereo e abbiamo una visuale ottimale sulla magnifica Croda Rossa d'Ampezzo, distinguiamo precisamente la forcella Camin e il Gran Valun esplorati qualche settimana fa. Dietro al Col Bechei Dessora si possono notare la già innevate Tofane e la inconfondibile Tofana di Rozes. La cresta si inerpica sulla sinistra, aggiriamo così la sommità della Furcia. All'ombra troviamo delle macchie di neve di una recente nevicata. Ultimi passi, ultime facili roccette da superare, ed ecco: siamo in vetta alla Furcia dai Fers!
La giornata è splendida, neanche una nuvola in cielo. Il sole scalda come in una giornata di metà giugno, siamo a quota 2534mt! L'imponente croce di vetta permette di identificare degnamente questa splendida cima, solitaria vedetta delle Dolomiti di Fanes. Il nostro sguardo incrocia Il Piz de Lavarela, il Sass dla Crusc, il Sasso delle Nove, le vette della valle Aurina e le più lontane vette austriache. Davanti a noi la mitica Croda Rossa in tutto il suo splendore con la magnifica Forcella Colfiedo. Diego annota il nostro passaggio sul libro di vetta registrando l'inedita via di accesso dal versante di Tamersc. Dopo una breve pausa per assaporare queste meraviglie, intraprendiamo la via della discesa.
Ripercorriamo a ritroso la cresta, mantenendoci decisi sulla sinistra in direzione della sella ben visibile. Una volta raggiunta abbiamo una vista ottimale sulla valle sottostante. La direzione da tenere è verso est dove non ci sono segni o tracce segnalate. Anche sulla mappa Tabacco è presente una sola via scialpinistica. Tuttavia, in tutto il percorso sono presenti dei chiari omini di pietra che identificano perfettamente la traccia da seguire. Non c'è pericolo comunque di perdersi e, in caso di scelta errata, è facile tornare sui propri passi senza difficoltà. Dopo una prima parte di terreno erboso, scendiamo su un ghiaione morbido e divertente (finalmente). Costeggiamo sempre una macchia di pini mughi. A quota 1900mt il canalone termina improvvisamente e davanti a noi si prospetta una nuova scorpacciata di baranci (sigh). Effettivamente da traccia GPS dobbiamo deviare decisamente a sinistra (nord-est) e immergerci nella fitta macchia. Dopo qualche centinaio di metri troviamo una timida traccia che ci fa sbucare ad una baita sperduta molto carina. Qui il sentiero si interrompe nuovamente, lo ritroviamo poco più avanti affrontando l'ultima fila di mughi proprio di fronte alla porta di ingresso della baita. Raggiungiamo così il sentiero CAI n°7 che porta a Pederù.
La nostra auto, però è a Tamersc e dalla mappa Tabacco notiamo una traccia (sempre storica) che da lì dovrebbe costeggiare e aggirare il costone roccioso, rimanere in quota, per poi arrivare direttamente nella valle di Tamersc. Tentiamo di trovare questa via, ma la presenza di fitti mughi, continui ripidi pendii ghiaiosi creati da frane in continuo movimento, ci obbligano a ripiegare verso il segnavia n°7. Continuiamo a portare lo sguardo nella direzione della traccia che dovrebbe esserci lì a pochi passi da noi: le pareti rocciose e i diversi canaloni franosi che notiamo ci fanno pensare che questo sentiero sia ormai un ricordo remoto e non ci sia alcuna via percorribile. L'avventura giunge al termine una volta arrivati al rifugio Pederù e all'attigua strada asfaltata che in breve ci riporta al parcheggio dell'andata. Il sole tiepido del tramonto tinge di un giallo-rosa tenue i picchi di Fanes, regala ombre inedite e ci accompagna al termine di questa magica escursione.
Una nuova tappa esplorativa si è conclusa, anche la nostra guida, Edoardo, è rimasta piacevolmente soddisfatta dell'inedito percorso. Ripercorrere questi luoghi remoti, senza il turismo di massa che si sviluppa a pochi chilometri dai sentieri che abbiamo percorso oggi, nel silenzio e nella solitudine, risveglia qualcosa di insolito e profondo.
Ora, a qualche giorno di distanza ripercorro le emozioni, e noto che non riesco a descriverle appieno. Sono qui che mi gusto un bel bicchierino di grappa al pino mugo per due motivi: primo per brindare alla scorpacciata di baranci e all'aiuto che mi hanno dato in più occasioni sul percorso e, secondo, in onore del leggendario popolo di Fanes caduto sulla maestosa Furcia dai Fers!
Per una visione ancora più completa e dettagliata, vi invito a leggere anche la relazione di Diego sul suo blog WINDCHILI – AROUND THE WORLD.




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Difficoltà

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