Nuova avventura “wild” con l’inseparabile compagno di escursioni Diego! La rapida organizzazione nei pochi giorni antecedenti ci ha permesso di definire i dettagli per un giro sulle Prealpi Trevigiane. Punto di partenza è il Fadalto, proprio dal passo e l’obiettivo è il Gaviol, un sentiero CAI poco conosciuto sul versante ovest del Pizzoc.
Arrivati alla sella del Fadalto alle 9 del mattino guardiamo in direzione del Pizzoc: tutto il percorso sarà in ombra fino al pomeriggio, l’aria è frizzante e il termometro segna 6 gradi! Guardando invece in direzione del Visentin notiamo il versante orientale già baciato dal sole… cartina alla mano, determinazione di un nuovo itinerario selvaggio (già discusso in altre nostre conversazioni) e via verso il caldo tepore!
L’esplorazione di oggi, quindi, si sviluppa sul Col Toront, sulla stessa dorsale del Col Visentin, attraverso sentieri impervi e assai poco frequentati.
Attraversiamo la statale e imbocchiamo il sentiero E7, che scopriamo essere una via spettacolare che dalle Canarie passa per Portogallo Spagna, Andorra, Francia, Monaco, Francia, Italia, Slovenia, Croazia, Ungheria, per terminare il suo percorso in Romania! Insolitamente scendiamo per raggiungere l’abitato di Caloniche di sotto: un paesino molto caratteristico e immerso nella tranquillità montana. Un segnavia verticale del CAI ci conferma di essere nel suddetto paesino e ci indica la deviazione verso sinistra che ci fa percorrere per qualche decina di metri il sentiero CAI 985-1045 denominato “Troi delle Casere”. Ed ecco subito una via inospitale e con una folta vegetazione: il “Troi de le Lisse”, traccia nera su cartografia Tabacco che percorre la Croda Longa!
Si capisce che la traccia non è percorsa da molte persone, la vegetazione si riprende giustamente tutto lo spazio a disposizione. Tuttavia, troviamo dei comodi bollini rossi, riportati di recente, su rocce e tronchi che ci permettono di proseguire in modo sicuro per buona parte del percorso. I segni saranno stati sicuramente tracciati da Giovanni Carraro, vero esperto e conoscitore di questi sentieri meno blasonati ma con un grande bagaglio storico. Il Troi prosegue con una leggera salita, non si guadagna molta quota in questo punto. Passiamo un impluvio sassoso che permette di avere una bella vista sul lago artificiale (Lago Morto) di Nove. Raggiungiamo degli anfratti rocciosi che sicuramente in passato davano riparo ai pastori o ai cacciatori.
La via diventa più rude con dei brevi passaggi in cui serve un minimo di accortezza tra pietre e radici affioranti. Il sentiero quindi si apre e lasciamo la fitta vegetazione per un tratto pienamente roccioso dove perdiamo il percorso per ritrovarlo poco dopo.
Qui Diego mi dice di guardare davanti a me: un gruppo di mufloni sono lì a poche centinaia di metri dai noi! Inconfondibili dalle loro grosse corna, scappano poco dopo nella direzione che dovremo percorrere. Torniamo così nella folta vegetazione e raggiungiamo un evidente cartello con la dicitura “Strapeze, Pra de Larghet” che ci indica la via di congiunzione tra il Troi de le Lisse, appena terminato, e il Troi de Medo (CAI 985).
Ed ecco finalmente la vera salita: da qui si guadagna un notevole dislivello con un continuo cambio tra bosco e aperture su tratti con rocce affioranti. Attraversiamo diversi impluvi asciutti che solitamente permettono il corretto defluire dell’acqua piovana sulla Croda Longa. Dopo circa 500 metri di dislivello raggiungiamo una deviazione con un segnale che ci indica di procedere alla nostra destra. Questa via dovrebbe essere nuova poiché non è presente nella cartografia Tabacco. Proseguendo dritti, invece, si continua sul tracciato puntinato nero della cartina. Un paio di rami posti a croce e una pietra sopra forse indicano che questo tracciato non è più mantenuto e di fatto protrerebbe essere chiuso e non più agibile. Scegliamo in ogni caso questa soluzione esplorando il tratto storico del sentiero e, infatti, troviamo dei segnavia molto attempati e scrostati. Per la mancanza di segni evidenti e di traccia umana, perdiamo diverse volte la via ufficiale e ci affidiamo al GPS per ritrovarla.
Data
10-10-2021
Distanza
14.96 KM
Tipo escursione
Escursione
Dislivello
1111 mt
- Montagna
Col Toront
- Indirizzo
Sella di Faldalto, Veneto, Italy
- Altitudine
1465.00 m
- Rifugi
- Informazioni
Arriviamo ad un anfiteatro naturale che ci racchiude tra speroni di roccia imponenti e apparentemente inaccessibili. Li dobbiamo aggirare con un sentiero che si innalza su uno sperone alla nostra destra. Qui i segni rossi sembrano tornati più recenti. Alcuni tratti sul margine dello sperone ci costringono ad avere la massima attenzione. Il terreno qui è molto scivoloso, il fango è nascosto da una piccolo strato asciutto ma, una volta scalfito, il piede non ha l’appoggio giusto e non permette una progressione normale. Purtroppo se ne accorge di lì a poco Diego che scivolando va a colpire con il ginocchio una roccia. Raggiungiamo una radura e usciamo dal bosco. Qualche minuto per Diego per riprendere fiato da questo incidente e stoico continua nell’esplorazione. Continuiamo a salire sul pendio roccioso e ci troviamo davanti ad un sentiero attrezzato.
Una breve ferrata, che ci permette di superare con un po’ più di tranquillità il tratto esposto che ci troviamo davanti. Il cavo metallico è molto fino, chissà da quanto è lì senza manutenzione, quindi procediamo con molta cautela cercando di aggrapparci il più possibile alle rocce ben assestate piuttosto che buttare tutto il peso sul cordino metallico. Al termine del tratto attrezzato, a mio parere, c’è il pezzo più impegnativo dell’escursione: un pendio molto irto, con il fango scivoloso lasciato poco prima. Una salita che presenta uno scolo naturale di acqua e detriti rocciosi che, alle spalle, porta ad uno strapiombo. La salita procedere con molto calma e accortezza, le radici affioranti permettono di avere un sicuro appiglio in certe occasioni. A metà della risalita anche i detriti rocciosi diventano un buon punto di appoggio anziché continuare sul terriccio umido. Superato questo canalone ripieghiamo verso sinistra su delle creste erbose da percorrere anche qui con la massima attenzione perché sono molto strette e un passo falso farebbe scivolare per decine e decine di metri senza possibilità di fermarsi.
Sbuchiamo su una radura erbosa, ariosa, che regala uno splendido scorcio sul Lago Morto alle nostre spalle. Dal GPS mancano pochi metri di dislivello per raggiungere il 985, tuttavia in questo ultimo pezzo dobbiamo destreggiarci tra ortiche e rovi: un bollino rosso lo troviamo proprio al cospetto di un cespuglio di ortiche che non possiamo aggirare! Da qui cominciamo a notare dei pali di legno con il segno rosso, molto utili soprattutto in estate quando l’erba è rigogliosa e alta oltre al ginocchio. Ultimo pezzo su detriti rocciosi ed ecco trovato il Troi de Medo.
Se fin’ora abbiamo percorso sentieri non segnati, questo sentiero CAI 985 si presenta come un piccolo Troi con erba incolta, poco battuto, senza segnavia. È possibile identificarlo poiché il percorso è pressoché in falso piano e segue la sinuosità della montagna. Dopo qualche centinaio di metri, invece, la traccia diventa ben evidente, falciata dall’erba in eccesso, si allarga e diventa una passeggiata comoda e rilassante. La vista sulla Val Lapisina e sul Pizzoc è un panorama spettacolare reso speciale dalla verticalità che il versante del Col Toront regala: a strapiombo sul Lago Morto e sul viadotto autostradale.
Nella parte più esposta del Troi de Medo è possibile godere della vista sulle Prealpi Venete più a ridosso delle sorelle Dolomiti e infatti si possono scorgere il Col Nudo, il Messer e le altre vette dell’Alpago. Superiamo la Casera Tombaril (ruderi) e troviamo la deviazione sul sentiero E7 che scende decisamente fino a farci ricongiungere con il Troi delle Casere. Attraversiamo diversi ampi impluvi secchi che ci permettono di rimanere in quota e prendere una vecchia strada abbandonata che ci porta all’abitato di Caloniche di sopra. Da qui, in breve torniamo alla Sella di Fadalto.
L’escursione di oggi, sebbene non abbia avuto una meta ambita o prestigiosa si è rivelata una splendida occasione per esplorare quei sentieri dimenticati (non abbiamo trovato anima viva). Percorsi che non sono stati creati per i turisti, ma che erano vie di una popolazione di montagna che aveva bisogno di queste tracce per congiungere paesi, case e affetti. Un tuffo nel passato reso unico dalla natura che si è riappropriata del suo ambiente selvaggio!
Se volete approfondire ulteriormente questa avventura, gustatevi la dettagliata relazione di Diego sul suo blog WINDCHILI – AROUND THE WORLD.
DifficoltàEscursionisti Esperti - sono intinerari generalmente segnalati ma con qualche difficoltà: il terreno può essere costituito da pendii scivolosi di erba, misti di rocce ed erba, pietraie, lievi pendii innevati o anche singoli passaggi rocciosi di facile arrampicata (uso delle mani in alcuni punti). Pur essendo percorsi che non necessitano di particolare attrezzatura, si possono presentare tratti attrezzati se pur poco impegnativi. Richiedono una discreta conoscenza dell'ambiente alpino, passo sicuro ed assenza di vertigini. La preparazione fisica deve essere adeguata ad una giornata di cammino abbastanza continuo. |